Seconda tappa: Zavattarello - Bobbio - quasi 30 km e oltre 1300 D+ (*)

(*) Dati stimati, non verificati

Cartina della seconda tappa

Video animazione della traccia e foto, in fondo alla pagina!

Oggi sarà dura. Dovrebbero essere 24,5 km con 1200 metri di dislivello positivo. Appunto, dovrebbero.

Mi sveglio verso le sei e mezza, colazione con calma, rifaccio lo zaino, recupero i vestiti lavati la sera prima, -santi materiali tecnici che asciugano velocemente- e sono pronto a partire.

Mi chiudo la porta alle spalle che sono già le otto meno venti: insomma, me la sono presa con calma.

Attraversata piazza del Verme, imbocco via Cavour per poi lasciarla salendo a sinistra per via Aldo Moro.

Arrivato a Casa Stefanone, una sterrata sulla sinistra mi porta a tagliare il versante occidentale del monte Fernisio, per poi riprendere, sempre a sinistra, la strada asfaltata nei pressi della frazione di Costa Sisra. Dopo poco meno di quattrocento metri la abbandono a destra entrando nel bosco.

La salita si fa ripida, risalgo fino ai 1100 metri de “il Monte” -che fantasia- per poi scendere nella bellissima faggeta di Castelvecchio, nei pressi del monte Calenzone. Da qui una bella pista forestale mi porta ad attraversare la Riserva del monte Alpe.

Arrivato a un punto panoramico ne approfitto per posare lo zaino su una bella panca ricavata dal tronco di un albero e dedicata alla memoria di Paolo Ballardini, direttore della Riserva di Monte Alpe dal 1997 al 2020.
Il panorama è grandioso: dalla val Staffora ai più alti monti dei dintorni. Tra gli altri fanno capolino il Lesima e la lunga dorsale che divide val Curone e val Borbera, con i monti di casa: Chiappo, Ebro e Giarolo.
Sulla sinistra ecco invece il vicino Penice, di altezza più modesta rispetto alle succitate vette, con la sua selva di deturpanti ripetitori radiotelevisivi.

Dopo una mezzora abbondante di pausa riprendo il cammino, aggiro il monte Alpe e scendo al passo delle Tre Strade, dove attraverso la SS461. Alle spalle del bivio per il passo del Brallo salgo lungo una ripidissima mulattiera, ben rovinata dalle piogge -o dalle moto- che prende velocemente quota passando in un bosco principalmente di conifere.

In mezzo agli alberi ne spunta uno particolare, metallico, molto alto: il primo ripetitore mi conferma che sono a buon punto.

Mi immetto così sulla strada che porta alla vetta del Penice, passo di fianco al Centro Trasmittente RAI, e con qualche tornante arrivo al santuario di S. Maria in Monte Penice. Un po’ di pausa me la posso concedere, mi siedo e mi tolgo le scarpe: son già un po’ stanco, mi mancano almeno 11 km e un mezzo disastro di dislivello a scendere.

La discesa verso Bobbio inizia lungo un piacevole sentiero nel bosco purtroppo interrotto piuttosto spesso da rami e tronchi vari.

Non ho molta acqua: la fontanella del Santuario era ancora chiusa, fortunatamente all’altezza del bivio per la cascina “Buy di sotto” trovo una fonte. Non è mappata: mi segno le coordinate per poterla poi inserire su OpenStreetMap.

La discesa prosegue lentamente e fastidiosamente tra sassi e roccette varie, che mettono a dura prova equilibrio, ginocchia e voglia di vivere.

Terminato questo spiacevole e lungo tratto, e superata la frazione di S. Maria, attraverso alcuni piccoli gruppi di case: Casa Verneto Superiore, Zanacchi, Casa Verneto Inferiore, Casa Bassa e Casa Cerignale.

Non controllando troppo spesso il percorso finisco per saltare un paio di bivi: errori di disattenzione che mi costeranno strada in più.

Finalmente raggiungo Bobbio, costeggio il centro sportivo e mi fermo a consultare le mappe: l’albergo dove ho prenotato è appena fuori dal centro, lungo la SS45, eviterei molto volentieri di doverne percorrere qualche centinaio di metri. Per fortuna trovo un’alternativa: una passerella pedonale mi porta a oltrepassare il torrente Bobbio e a prendere la salita del Bargo, una piacevolissima scalinata di circa 150 metri.

Ancora un po’ di asfalto, un breve tratto pedonale che passa tra le case, e quasi alle sei, sono all’albergo Il Mulino.